Psicologa | Giornalista | Docente Università | Scrittrice

Puoi davvero amare un’altra persona se non ami te?

Amare senza amarsi è davvero possibile? La risposta non è così semplice come ci direbbe il senso comune, ma per fortuna ci aiuta la scienza
Ragazza che si abbraccia con affetto - amare sé

Quante volte ti sei sentita dire frasi tipo: “Devi volerti bene”, “Devi metterti al centro della tua vita” e ancora “Devi amare te stessa prima di poter amare un’altra persona?”. Magari proprio quando una relazione finiva e tu eri ancora col fazzoletto in mano.
Ormai sembra che tutti e tutte sappiano come muoversi in questo intricato mondo delle relazioni, ma se poi ci confrontiamo con le statistiche delle separazioni o dei divorzi, forse qualcosa non l’abbiamo ancora capito. 

E la relazione più complicata è sicuramente quella con noi stesse. E lo è per tanti motivi, il primo è che questa relazione dura tutta la vita e non ci possiamo prendere una pausa di riflessione da noi stesse. Ma anche perché per guardare un panorama nella sua totale magnificenza bisogna osservarlo da lontano e invece noi ci vediamo dall’interno, con i nostri autosabotaggi e i pensieri che arrivano dalla nostra storia personale e dalle nostre insicurezze.
Eppure queste sono le frasi che almeno una volta ci siamo sentite dire e che spesso ci ripetiamo. 

Ma è davvero così? L’amore per noi stesse arriva prima dell’amore per un’altra persona? Eppure abbiamo amato la mamma come istinto primordiale, prima ancora di sapere chi eravamo noi. E ancora: si può amare qualcun altro senza avere un’alta opinione di sé? Spoiler: la risposta non è così semplice ed è per questo che è molto più interessante. 

Indice

Autostima: quanto conta l’amore per sé

L’autostima è un concetto complesso, possiamo semplificarlo come l’insieme dei giudizi che una persona ha di sé. Ed è proprio da questa definizione che nascono i primi limiti al concetto di autostima. È un giudizio che si forma partendo da una propria base personale, ma anche dal confronto con l’ambiente, e si compone del Sé ideale e del Sé reale:

    • Sé ideale: come la persona vorrebbe essere.

    • Sé reale: il giudizio soggettivo che la persona ha di se stessa.

L’autostima nasce dalla discrepanza tra ciò che vorremmo essere e ciò che noi pensiamo di essere. È meglio che i due valori non siano uguali, perché quello ideale ci aiuta a formulare degli obiettivi, funge da stimolo e ci permette di aumentare la nostra autostima. Ma la forbice tra la realtà e l’ideale non deve essere neppure troppo ampia, altrimenti la stima di sé sarà molto bassa, perché sembrerà di non potersi avvicinare alla persona che si vorrebbe essere.

 

Autostima e invidia sociale: quando il confronto fa male

Il concetto di autostima è sicuramente utile, ma non dobbiamo sottovalutare che si tratta di un giudizio e come tale subisce il nostro punto di vista e le nostre convinzioni. È un valore soggetto a delle generalizzazioni, in cui un piccolo dettaglio negativo può venire generalizzato e diventare il modo in cui ci rappresentiamo ai nostri occhi, tralasciando la situazione e le circostanze che l’hanno formato. Senti come suona diverso, per esempio: non sono capace di parlare in pubblico o non mi sono piaciuta in quell’occasione in cui ho parlato in pubblico. Nel primo caso non sono capace in modo generale, nel secondo è successo in un episodio e da questo posso imparare come migliorare e posso imparare anche qualcosa su di me.

Un altro confronto che incide con la nostra autostima è quello con le altre persone, di cui spesso conosciamo solo l’apparenza, nella quale sembra quasi tutto perfetto. Questa idealizzazione, portata avanti sui media e sui social network, spinge a un confronto perenne e impetuoso, fino a far sviluppare in molte persone ansia e invidia sociale.

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Differenza fra volersi bene, autostima e self-compassion

La parola autostima spesso viene considerata sinonimo di volersi bene, ma non è proprio così.

Il concetto di stima si lega quasi direttamente a quello di performance e quindi basato sui successi che abbiamo avuto, ma cosa determina un successo? Il significato di successo o insuccesso ci viene instillato dalla cultura dominante e si lega a stereotipi molto radicati.

Da come ce la raccontano, l’autostima sembra un valore scolpito su pietra, e invece non è così, dipende da molti fattori. A chi non è capitato di sentirsi un po’ meno capace rispetto al passato a fare una cosa già conosciuta? La sindrome dell’impostore è sempre lì che ci ronza nelle orecchie e nei pensieri, per cui anche il concetto di autostima non è fisso, ma variabile, come le scale mobili o peggio le montagne russe.
L’autostima è nelle nostre teste, ma non nel nostro cuore. Quello è il posto di un concetto meraviglioso che è la self- compassion. La differenza sta proprio nel fatto che questa non è basata su quello che facciamo, ma su chi siamo. La traduzione più fedele non è tanto quella di compassione, ma di empatia verso sé. Non c’entrano i traguardi raggiunti, ma il nostro valore personale e i nostri sentimenti, per questo il suo posto è il cuore. Cosa proviamo quando pensiamo a noi? Ci vogliamo bene, indipendentemente dal prestigio del ruolo sociale?

Da dove nasce il nostro volerci bene?

Impariamo a conoscere noi stesse e il mondo e a formare molte delle nostre convinzioni e credenze da molto piccole. 
Semplificando la questione, possiamo dire che nell’infanzia dipendiamo completamente dai genitori, o da chi ne fa le funzioni, e sono loro che ci indicano cosa è giusto e cosa sbagliato, come funziona il mondo e quali sono le regole da rispettare. Sono loro che ci fanno sentire al sicuro. Se pensiamo che il nostro istinto primario è quello della sopravvivenza è intuitivo comprendere che la sicurezza è alla base di tutto l’equilibrio della nostra vita.
Quando i genitori fanno qualcosa che ferisce il figlio o la figlia, indipendentemente dalla volontà, al bambino o bambina non resta che darsi la colpa di quella ferita. Il meccanismo infantile e inconscio è un po’ questo: i miei genitori sono perfetti e mi danno sicurezza, se loro sbagliano io sono in pericolo, ma se invece mi prendo io la colpa allora loro continuano a essere perfetti e io continuo a essere al sicuro. Non sarò meritevole, bravo, degno di affetto, e altre convinzioni che possono nascere e crescere fino a diventare patogene, ma sarò al sicuro e potrò sopravvivere.
Se questi episodi sono ripetuti, da adulti si rafforzeranno queste convinzioni, con l’alta probabilità di sviluppare un funzionamento insicuro nelle relazioni, anche quella nei nostri confronti. 

Stereotipi sull'amore

Relazioni funzionali e disfunzionali

Ci verrebbe allora da dire che amare sé è la base per amare gli altri, ma allora tutte le persone che dedicano la propria esistenza alle altre persone annullando completamente la propria individualità, non è forse anche quello amore?
Pensiamo ad alcuni esempi idolatrati dalle nostre culture, come Madre Teresa o Dalai Lama. Senza entrare in un discorso teologico o religioso, possiamo ragionare sul concetto di amore che passa nelle nostre società e sugli stereotipi legati a questo.

Uno di quelli più catastrofi, che ben supporta questi esempi, è il sacrificio per gli altri, pensiamo alla cultura comune che quasi impone ai genitori di sacrificarsi per i figli o a tutte le frasi che iniziano con “se ti ama, allora…”.
Ogni persona è diversa ed è accompagnata dalla propria storia personale, ma quello che possiamo dire è che anche chi si sacrifica sta agendo per un proprio benessere inconscio.
La teoria dell’attaccamento di John Bowlby e Mary Ainsworth mette in luce che le prime relazioni di attaccamento con i genitori (o con chi si prende cura del bambino o della bambina da quando nascono) influenzano le capacità di amare e di essere amati in età adulta e il comportamento nelle relazioni. Chi, dunque, ha un accudimento così profondo avrà un vissuto infantile che porterà a soddisfare il proprio senso di sicurezza e benessere con questo comportamento.

Il sacrificio si accompagna  molte volte anche con un senso di ingiustizia, se questo non verrà ripagato come la persona si aspetta i pensieri che emergeranno reciteranno più o meno così: “Dopo tutto quello che ho fatto per te!”.  Amare però non dovrebbe conoscere ricatto, perché amare di per sé nutre chi prova questo sentimento.  Attenzione però a non confondere l’amore con altri tipi di emozioni, che amore non sono.

Stereotipi e falsi miti sull’amore

L’amore romantico è uno dei più diffusi e pericolosi stereotipi sull’amore.  Anche se non è di facile intuizione, non è detto che chi è romantico sia più innamorato di una persona che non esternalizza così i propri sentimenti, infatti, la capacità di creare atmosfere dolci è una caratteristica individuale che parla di come è fatta quella persona e non di cosa prova. In più l’idea dell’amore romantico si accompagna a quella dei ruoli di genere ben determinati e non liberi. Le narrazioni tradizionali spingono lo stereotipo sulle donne come esseri emotivi in cerca di amore e protezione, mentre gli uomini come protettori e conquistatori. Questi ruoli possono limitare le persone e imporre aspettative non realistiche su come dovrebbero comportarsi in una relazione. Questa idea di femminilità stereotipata ostacola la libertà delle donne e quindi anche la scelta di cosa è meglio per sé, al di là di quello che vorrebbero i genitori e le tradizioni.

Principe azzurro e violenza di genere

Chi non ha sognato almeno una volta di incontrare il Principe Azzurro (almeno prima di Shrek 2!)? La letteratura, le favole e i film rappresentano l’amore come una forza irresistibile che porta alla felicità eterna. E solitamente se è amore dura per sempre e non conosce ostacoli, perché l’amore vince su tutto. Quasi nessuno insegna che ci sono amori importanti e fondamentali nella nostra vita che possono terminare, perché hanno compiuto il loro viaggio e proprio perché sono Amore sono pronti a lasciarsi liberi, senza distruggersi.

La nostra cultura è piena di riferimenti di come dovrebbe essere l’amore e una persona innamorata, e se non succede allora non gli piaci abbastanza, come se fossimo tutte e tutti uguali e ci comportassimo tutte e tutti nello stesso modo, sempre. Questa idealizzazione crea aspettative irrealistiche su cosa dovrebbero essere le relazioni, portando molte persone a sentirsi deluse quando le loro esperienze non corrispondono a queste fantasie.

L’immaginario romantico è fulcro di un tipo di relazione squilibrata, impari, che può essere la base di una relazione tossica e come spesso succede abusante e violenta.
Al centro della violenza maschile sulle donne, infatti, ci sono stereotipi di questo tipo, che parlano di possesso e di violenza, ma mai di amore. L’amore è libertà, non una prigione: quello per un o una partner, quello verso i figli e figlie e anche quello verso noi stesse.

Prendersi cura di sé

5 consigli per amarsi di più

Un altro falso mito sta nel credere che amare voglia dire rivolgere tutte le attenzioni all’altra persona. Quello che non dobbiamo fare è pensare in un modo dicotomico (altra trappola mentale), cioè che se dedico del tempo a me lo sto togliendo a qualcun altro e quindi sono egoista. Quello che dobbiamo è dedicare il giusto tempo agli altri, ma soprattutto dedicare la giusta qualità del tempo. Se io mi dimentico di me e mi annullo, come posso permettere alle altre persone di amarmi per quella che sono? Non ameranno me, ma solo il riflesso della mia disponibilità.

Ma presi dalla vita frenetica di tutti i giorni come si fa a volersi più bene? Ti voglio dare alcuni consigli: 

    1. Accettati: impara ad accettare te stessa con le parti che ti piacciono e quelle che ti piacciono meno. Non immaginare la perfezione, non esiste e se esistesse sarebbe tremendamente noiosa. È un po’ la differenza che c’è tra un essere umano e un robot, tu chi vuoi essere?

    1. Prenditi cura di te: dedicati del tempo, fai qualcosa che ti dia energia positiva e che ti rigeneri. Si passa molto tempo sotto stress e troppo poco a ricaricarsi. Integra il tuo corpo e la tua mente, nutrendo entrambi.

    1. Perdonati: il passato ormai non torna più. Puoi imparare dai tuoi sbagli solo se ti perdoni, altrimenti resteranno in te e comanderanno tutti i tuoi pensieri, impedendoti di andare avanti.

    1. Usa parole gentili: spesso nel dialogo interiore le persone si trattano male, quello che si dicono non lo direbbero mai alla migliore amica. E allora fatti amica, usa parole gentili e rivolgi a te stessa atti di gentilezza ed empatia.

    1. Impara a dire no:  ogni volta che dici un Sì agli altri stai dicendo un No a te. Chiediti se ne vale la pena.

Amare senza amarsi è possibile: la risposta

L’amore per se stessi non è egoismo, ma una forma di rispetto e cura personale che ci permette di essere presenti e autentici nelle relazioni. È un atto di responsabilità: se ci amiamo e ci rispettiamo, possiamo amare e rispettare meglio anche le altre persone.

Non si deve vedere all’amore come qualcosa che si esaurisce, ma come qualcosa che si alimenta. Più amiamo e più cresce l’amore che abbiamo dentro.  Attenzione però perché vale anche il contrario, più ci disabituiamo ad amare e più sarà difficile farlo, anche verso sé.

Sviluppare amore interiore e verso le altre persone è lo stesso esercizio, cambia la direzione. Ma se è di amore che stiamo parlando allora amare un’altra persona vuol dire amare sé, perché solo quando io so di avermi posso donarmi in modo autentico, restando comunque mia.

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